La storia di Punta Ala dal 1555 al 1616

Stefano Innocenti

Nel 1555, dopo sette anni di guerra combattuta accanitamente per il possesso di Siena città e tutto lo Stato senese caddero sotto il potere di Cosimo I° che poté così vantare il doppio titolo di duca di Firenze e di Siena.


Per concedere il riconoscimento del feudo, Filippo II° (figlio di Carlo V°) volle da Cosimo, come appare nel trattato stipulato il 3 luglio 1557, la rinuncia ai porti di OrbetelIo, Talamone, Porto Ercole, Ansedonia, Porto S.Stefano col Monte Argentario e la fortezza di Portolongone nell'isola d'Elba, già appartenenti alla caduta Repubblica senese, per tenerli sotto il suo dominio col titolo di Stato dei Regi Presìdi. Il trattato decretava inoltre la restituzione dello Stato di Piombino, meno il Ferraio, ad Jacopo IVº il quale, non certo per confortare Cosimo di tanta e sì penosa rinuncia bensì per assicurare la difesa dei suoi territori a sud di Piombino dalle ricorrenti invasioni barbare, donò alla moglie di lui, Eleonora di Toledo, l'isola di Troia con gli scogli vicini, vulgarmente chiamati "li Porcellini".

 

                                   
  Disegno della Torre di "Punta Troia"  


Atto 9 Agosto 1560

«Jacopo IV d’Appiano d’Aragona, signore di Piombino, dona a Eleonora di Toledo de' Medici l'isola di Troia con gli scogli vicini, a condizione che Eleonora o successori costruiscano su detta isola una torre o fortezza per scoprire i corsari ed i barbareschi, per la sicurezza dei due Stati. E, qualora Eleonora ritenesse opportuna una migliore base per l'innalzamento della torre, dona la punta di terra ferma più vicina alla detta isola con lo spazio " che di sotto compresa " e con 250 braccia fiorentine intorno alla fortezza». Sancisce inoltre «non potersi da parte dei Medici riscuotere gabelle e dazi per il passaggio, ancoraggio o altro; non poter danneggiare in alcun modo gabelle e dazi dovuti all’Appiano per il passaggio sul canale; non potersi accogliere ribelli e banditi dallo Stato di Piombino sulle terre donate »

Con tale donazione entriamo nella storia di Punta Troia, ora Punta Ala.
Eleonora, presi in esame con i suoi ministri i luoghi della donazione, ritenne inopportuno innalzare una fortezza sull'isola dove un secolo avanti gli Appiani avevano eretto una torre di guardia rivelatasi presto tragicamente ubicata. Mentre, in una notte di tempesta, i pirati prendevano d’assalto la torre e ne trucidavano il presidio, nessuna barca poté staccarsi dalla terraferma e portare soccorso,a causa del forte vento e del mare in tempesta. Eleonora scartò anche la possibilità di costruire la fortezza sulla punta del promontorio, essendo lo spazio donato troppo ristretto; chiese pertanto che le fosse concesso un terreno più idoneo. Jacopo IV°, volendo esserle grato, aggiunse alle precedenti donazioni il poggio sovrastante la punta, affinché fosse costruita la torre già prevista di «braccia 15 in quadro, compresa la scarpa». (17 febbraio 1561)
Dopo un anno la torre era già costruita: proprio di fronte all'isola di Troia, a non più di otto miglia da Castiglione, sopra un masso elevato 35 braccia sul livello del mare, con base quadrata. Oltre il ponte levatoio, che portava all'ingresso, vi erano due piani: il primo per gli uomini comandati da un castellano e l'altro per tenervi i pezzi di artiglieria.
Ai primi del '700 erano un cannone di bronzo del calibro di una libbra, due cannoni di ferro da dieci libbre, alcune spingarde e altre armi da fuoco leggere, con le necessarie munizioni.
A sud-est della torre, al margine dello spiazzo, fu costruita una chiesetta, crollata molti anni fa per una frana del terreno.
1577-1764
Fu Jacopo IV° (o VI° a seconda degli Autori), ad erigere nel 1577 sul versante a nord-ovest, proprio di fronte a Piombino, Torre Hidalgo.
Posta sullo sprone di Poggio del Barbiere, la nuova torre ripete la struttura di Troia Nuova: pianta quadrata, base a scarpa, gradinata in pietra che finisce distante due metri dalla porta d’ingresso, alla quale è unita da un piccolo ponte levatoio.

 

   
  Carta del 1800  


La relazione del 1616 al Granduca Cosimo II de’ Medici

Leonardo Accolti, nella sua relazione del 1616 al Granduca Cosimo II de’Medici, così descrive la zona:

«Scarlino fa parte del suo territorio in luogo detto Gualdo, che facendo gomito verso il Poggio circa tre miglia, con allargarsi un miglio circa, entra in quello di Castiglione che da ogni banda lo circonda fuora, che da due punte di esso verso il mare, in ciascuna delle quali è posta una torre per guardare quella parte, che come lontana da Castiglione 7 o 8 miglia et da Scarlino circa 12 ha bisogno di quel presidio per assicurarsi delle incursioni de Corsari. Una delle quali torri detta il Barbiere, o del Comellino, è del Principe di Piombino, e l’altra detta la Troia Nuova, fabbricatavi dal Granduca Cosimo per concessione fattagli da Jacopo Sesto, si tiene e guarda per il Gran Duca da un Castellano suo stipendiato. Da detta punta sul mare sono verso Ponente alcuni scoglietti fino ad una isoletta distante circa un miglio, che si dice la Tioia Vecchia, nella quale ha protenzione il Gran Duca mediante certa donatione di Jacopo Sesto medesimo».

Le due torri, Torre Hidalgo e Troia Nuova, erano collegate con Torre delle Rocchette e Torre di Calagalera da uno stradello che correva lungo la scogliera e da sentieri nascosti nella macchia, usati anche in tempi recenti dalle guardie per la sorveglianza della costa.
Alessandro, figlio naturale di Jacopo Sesto, sali’ al trono nel 1585 dopo la morte del padre; ma il 28 settembre 1589, mentre usciva da una casa privata, fu trucidato da congiurati appartenenti alle principali famiglie di Piombino e di Scarlino. Il figlio di Alessandro, compiuti 13 anni, divenne Signore di Piombino sotto la tutela dello zio Alfonso d'Appiano, ma a soli 22 anni morì senza lasciare eredi.
In tanti avanzarono titoli, meriti e parentele, ma inutili per l'Imperatore perché non avvalorate dalle ingenti somme richieste. Sebbene queste potessero in breve essere recuperate dal principe eletto mediante dazi ed imposte, non era facile trovare chi le anticipasse rune e subito ed in contanti.
Per 28 anni furono accampate pretese presto annullate, furono eletti principi insolventi e perciò destituiti, finché nel 1640 Niccolò Ludovisi, dichiarandosi pronto a versare alla camera imperiale un milione di fiorini del Reno, poté essere investito del feudo di Piombino dall'Imperatore Ferdinando II d'Asburgo e dal re di Spagna Filippo IV° ed a lui prestarono giuramento di fedeltà gli abitanti di Piombino e degli altri paesi di quello Stato.
Niccolò Ludovisi, principe di Venosa, ne accettò il governo per sé e per i suoi figli sia maschi che femmine; ed essendo nipote del pontefice Gregorio XV°, gli fu facile pagare puntualmente la somma promessa. Niccolò lasciò Piombino in eredità alla figlia Ippolita, moglie di Gregorio Buoncompagni e da lei passò ai suoi eredi.

 

                                                                         
  La mappa delle Torri